giovedì 22 novembre 2012

Perchè nessuno rimane davvero ferito.

"Non credevo fumassi"
Le si avvicinò piano, soppesandola con lo sguardo come uno di quegli imperscrutabili felini che potrebbero, docili, farsi accarezzare la schiena, o saltarti addosso soffiando.
Lei si portò nuovamente la sigaretta alla bocca, inspirando lentamente e guardando poi il fumo sgusciare fuori nelle piccole volute di quel vizio tutto nuovo.
"Non lo credevo neanche io"
Lui le era ormai davanti; la guardava dall'alto, valutando quanto sarebbe stato ardito sedersi di fianco a lei sul cemento.
"In effetti, non credevo di fare un sacco di cose. Che invece sembrano così innocue"
Alzò gli occhi scuri su di lui, solo l'ombra del trucco lungo le guance, ormai lavato via.
"Non fumo - inspirò ancora - Non mento, non litigo, non volto le spalle.
Non tradisco - l'altro distolse lo sguardo - non seduco, non imbroglio"
Silenzio. Tornò a guardarla.
"Sono talmente tante cose che non faccio, vero? Che non farei mai".
Si alzò senza smettere di fissarlo, e lui fece un passo indietro, cercando di leggere quegli occhi che non erano mai stati tanto non suoi.
Come non era sua quella risata amara.
Gettò la sigaretta a terra e si avvicinò, lui immobile.
Gli sfiorò il volto, scendendo lungo il bavero della giacca e fermandosi lì, sul cuore. Veniva verso di lui, la vicinanza tra i loro volti che andava consumandosi più veloce di qualsiasi pensiero coerente il suo cervello potesse formulare in quel momento.
Sentì il suo alito sulle labbra, e chiuse gli occhi, spaventato come non avrebbe creduto mai di poter essere, davanti a ciò che aveva tanto agognato.
E che non arrivò.
Sentì i singhiozzi, la testa di lei sul petto.
Si riscosse e le sollevò il viso. Non riusciva neanche a guardarlo.
"Non ci riesco... non posso, capisci..."
Si staccò e tentò di fermare le lacrime con le maniche del cappotto.
"Claudia..."
"No, non so più neanche cosa vuole dire... chi sono... non so neanche cosa devo fare, non so cosa sto facendo... non voglio... - nuova esplosione di pianto - non voglio questo, non sono questo".
Crollò a terra, e lui, stavolta, subito accanto.
"Non so cosa significhi questo, va bene, non so cosa mi sia venuto in mente di pretendere da te... e da me... Ho provato a comportarmi come se non m'importasse. Come se non fossero davvero cose così importanti. Come se dipendesse solo da me e io potessi giostrarmi a piacere nella vita, perchè nessuno rimane davvero ferito. Perchè io non sarei rimasta davvero ferita..."
Lo guardò di nuovo, gli occhi rossi.
"Ma non è vero, Riccardo. E' così difficile. Ma non è vero. Io, il mio cuore, la mia testa, la mia anima ha un posto, e strappandocelo non posso che farlo soffrire. E guardalo ora, ho cercato di costringerlo in talmente tante strade, che si è frantumato tra le mie stesse mani. Solo le mie".
Lui non sapeva se toccarla o cosa dire.
Era la cosa più bella e triste che avesse mai visto.







4 commenti:

  1. stupendo cla! e sapendo cosa vuol dire costringere il proprio cuore a intraprendere strade che non gli appartengono, mi prende ancor di più.
    un abbraccio

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    1. arhsfvhkvdtusua capiamoci ;)
      mi fa sempre piacere quando riesco a creare situazioni che passino le emozioni che voglio passare.

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  2. Ciao :-)
    Complimenti. Questo racconto e' molto coinvolgente , uno di quelli che ti tiene con il fiato sospeso. Uno di quelli che aspetti che accada e ti domandi il perché , come potrà finire e poi?.... Leggi, e le strazianti parole dell'anima ti prendono facendoti provare ogni frase/emozione.
    Ancora complimenti.
    Ema

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    1. Che piacere il tuo commento! era molto che qualcuno non passava di qua :')
      Un caloroso grazie.

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